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Figaro qua, Figaro là 1950

Carlo Ludovico Bragaglia

Parodia ispirata solo superficialmente alle pagine di Beaumarchais che ispirarono il libretto dell’omonima opera. Un Figaro singolare, quello a cui presta volto e voce Totò, diretto ancora una volta da Bragaglia e le cui improvvisazioni innervano una sceneggiatura firmata da una batteria di eccellenze della scrittura umoristica italiana, Vittorio Metz, Marcello Marchesi, Age & Scarpelli, e non accreditati i giovanissimi Steno e Monicelli. Il Principe De Curtis infioretta i loro giochi linguistici (“Non c'è Rosina, senza spinetta”) alternandoli alle sue proverbiali improvvisazioni mimiche e verbali (“la scartocciamo subito” dice ad una robusta cliente della barberia che, toltale la salvietta dal viso, si ritrova con un ardito nonsense di scrittura, provvista di baffi e barba e sviene urlando) e in una scena veste persino, per la prima ed ultima volta sullo schermo, i panni di Pulcinella, finendo sparato da un cannone secondo una trovata da classica comicità slapstick. Un movimentato gioco delle parti strappa più di un sorriso allo spettatore, col barbiere che lavora anche la domenica e viene multato dalle guardie del Governatore, la cui bella figlia è al centro di una disputa tra pretendenti, il capo delle guardie Don Alonzo, contro il conte di Almaviva, rispettivamente impersonati da un Renato Rascel al tempo già famoso e qui alla sua unica esperienza con Totò, e da Gianni Agus, giovane e ancora lontanissimo dalla maturità attoriale da caratterista trascorsa a vessare Fracchia. Il nobile si affida alla arguzia di Figaro che pianifica sostituzioni di persona e rovesciamenti degli equilibri amorosi sino alla vittoria del cuore di Rosina, una Isa Barzizza come sempre decorativa e spesso al lavoro con Totò, che arride al conte. I film con Totò non si preoccupavano di essere perfetti e coerenti, né di evitare le vie della comicità da guitti per condurre alla risata più facile, venivano girati anche in sequenze da quattro all’anno, con buona parte del cast tecnico e attoriale che tornava ad affiancare il Principe della risata. Tuttavia il brio, persino quello rossiniano – comprese le musiche del Barbiere che il padre della protagonista, il maestro Pippo Barzizza, arrangia con sapienza - si ritrova in tanti gustosi momenti, come la memorabile scena in tribunale. Fu uno dei maggiori incassi dell’anno, anche grazie allo sforzo produttivo stimato in cento milioni che le scenografie dimostrano tutti.

Regia: Carlo Ludovico Bragaglia. Soggetto e sceneggiatura: Vittorio Metz, Marcello Marchesi, Age & Scarpelli. Fotografia: Mario Albertelli. Montaggio: Renato Cinquini. Musiche: Gioachino Rossini. Scenografia: Alberto Boccianti. Costumi: Maria De Matteis. Interpreti: Totò (Figaro), Isa Barsizza (Rosina) Gianni Agus (il conte Almaviva), Guglielmo Barnabò (don Bartolo), Renato Rascel (don Alonso), Franca Marzi (Consuelo), Luigi Pavese (Pedro, il bandito), Jole Fierro (Colomba), Pietro Tordi (Fiorello), Ugo Sasso (Hurtado, un bandito), Mario Siletti (Presidente del Tribunale), Flora Torrigiani (la ballerina).
Produzione: Golden Film. Origine: Italia. Anno: 1950. Durata: B/N 83’